Probabilmente ultimamente hai sentito parlare di cose che "diventano virali". Non stanno parlando di malattie infettive reali, per fortuna, ma piuttosto di un fenomeno in crescita su Internet in cui i contenuti provenienti da piccole fonti indipendenti catturano brevemente l'attenzione di un gran numero di persone attraverso mezzi indiretti. L'ascesa di social network come Facebook ha permesso a questo fenomeno di diventare più grande e più diffuso di prima, tanto da far sì che la consapevolezza pubblica del fenomeno sia "diventata virale", con tutti che parlano di come rendere virale qualcosa, o quale sarà il prossimo grande successo virale.
Cosa significa "diventare virale"
L'idea alla base di qualcosa che "diventa virale" implica il concetto di una reazione a catena. Innanzitutto, qualcuno pubblica un contenuto originale. Su Facebook, ad esempio, potrebbe consistere in una foto divertente. Quindi, per complesse ragioni culturali, le persone trovano il contenuto estremamente avvincente. Un alto numero di amici del poster originale ricondivide la sua foto. Successivamente, un alto numero di loro amici lo vede e lo ricondivide anche. Questo va avanti e avanti, ricondivisione dopo ricondivisione, fino a quando migliaia o milioni di persone vedono la foto, la stragrande maggioranza delle quali sono totalmente estranei al poster originale. Il termine "diventare virale" si riferisce a virus reali, che si diffondono in un modello di reazione a catena simile, con una persona malata che diffonde i germi a poche persone vicino a lui, che a loro volta diffondono i germi a poche altre persone, e così via fino a quando nasce un'epidemia.
Contrasto con i mass media
Il concetto di diventare virali contrasta con i mass media tradizionali, dove milioni di persone vedono anche un contenuto, magari guardando la TV o andando al cinema. La differenza è che non c'è reazione a catena. Invece di tanti piccoli atti di ricondivisione, le persone vedono il contenuto direttamente dalla fonte, grazie all'aiuto di una grande infrastruttura di distribuzione dei mass media.
Facebook Analytics ufficiale
Facebook ha in realtà una definizione ufficiale di "viralità" nel suo gergo di analisi. Facebook definisce la viralità come "il numero di persone che hanno creato una storia dal tuo post come percentuale del numero di persone che l'hanno vista". Prosegue spiegando che una "storia" può consistere in "mi piace, commentare o condividere il tuo post, rispondere a una domanda o rispondere a un evento". Questo porta al concetto di "reach virale", che Facebook definisce come "il numero di persone uniche che hanno visto questo post da una storia pubblicata da un amico". In altre parole, con queste analytics Facebook cerca di quantificare il concetto di reazione a catena attraverso la quale le persone vedono i contenuti perché ricondivisi da uno o più intermediari.
Appello e tentazione
Le complesse ragioni culturali che determinano se uno specifico contenuto diventa virale sfuggono a una precisa comprensione umana. Tuttavia, ciò non impedisce alle persone e alle aziende di provare a creare artificialmente un fenomeno virale per promuovere il proprio marchio e i propri prodotti. Di solito falliscono. Secondo il Geekly Group, che studia l'analisi di Facebook, solo una piccolissima percentuale di post su Facebook diventa virale e la maggior parte di questi diventa virale solo in misura limitata, raggiungendo forse solo centinaia o migliaia di persone anziché milioni. La maggior parte di questi post virali proviene da utenti personali che non pubblicano i propri contenuti per motivi promozionali. Tuttavia, pubblicare contenuti su Facebook costa poco o niente, quindi le persone e le aziende non hanno alcun disincentivo a provare. Possono aumentare le loro possibilità che un post diventi virale pubblicando contenuti attuali e tempestivi che hanno un ampio appeal e un messaggio umoristico o commovente, ma è ancora una possibilità.